Fascicolo 150 - Il terzo giro di predicazione

   
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Il Libro di Urantia

Fascicolo 150

Il terzo giro di predicazione

150:0.1 (1678.1) DOMENICA sera 16 gennaio dell’anno 29 d.C., Abner, con gli apostoli di Giovanni, arrivò a Betsaida ed il giorno dopo ebbe una riunione congiunta con Andrea e con gli apostoli di Gesù. Abner ed i suoi associati stabilirono il loro quartier generale ad Hebron e presero l’abitudine di venire periodicamente a Betsaida per queste riunioni.

150:0.2 (1678.2) Tra le numerose questioni trattate in questa riunione congiunta c’era la pratica di ungere gli ammalati con certi tipi d’olio in connessione con delle preghiere per la guarigione. Di nuovo Gesù rifiutò di partecipare alle loro discussioni o di esprimersi sulle loro conclusioni. Gli apostoli di Giovanni avevano sempre utilizzato l’olio d’unzione nel loro ministero presso gli ammalati e gli afflitti, e cercavano di stabilire ciò come pratica uniforme per entrambi i gruppi, ma gli apostoli di Gesù rifiutarono di vincolarsi a questa regola.

150:0.3 (1678.3) Martedì 18 gennaio, ai ventiquattro si unirono gli evangelisti qualificati a casa di Zebedeo a Betsaida per prepararsi ad essere inviati nel terzo giro di predicazione in Galilea. Questa terza missione proseguì per un periodo di sette settimane.

150:0.4 (1678.4) Gli evangelisti furono fatti uscire in gruppi di cinque, mentre Gesù e i dodici lavorarono insieme per la maggior parte del tempo; gli apostoli andavano a due a due a battezzare i credenti secondo la necessità. Per un periodo di quasi tre settimane Abner ed i suoi associati lavorarono anche con i gruppi di evangelisti, dando loro dei consigli e battezzando i credenti. Essi visitarono Magdala, Tiberiade, Nazaret e tutte le principali città e villaggi del centro e del sud della Galilea, tutti i posti precedentemente visitati e molti altri ancora. Questo fu il loro ultimo messaggio alla Galilea, salvo che per la parte settentrionale.

1. Il corpo evangelico delle donne

150:1.1 (1678.5) Di tutte le cose audaci che Gesù fece in connessione con la sua carriera terrena, la più sorprendente fu il suo annuncio improvviso la sera del 16 gennaio: “Domani selezioneremo dieci donne per il lavoro del ministero del regno.” All’inizio del periodo di due settimane durante le quali gli apostoli e gli evangelisti sarebbero stati assenti da Betsaida per il loro periodo di libertà, Gesù chiese a Davide di far tornare i suoi genitori a casa e di mandare dei messaggeri che convocassero a Betsaida dieci donne devote che avevano servito nell’amministrazione dell’ultimo accampamento e nell’infermeria nelle tende. Queste donne avevano tutte ascoltato l’istruzione data ai giovani evangelisti, ma né loro né i loro insegnanti avevano mai pensato che Gesù avrebbe osato incaricare delle donne per insegnare il vangelo del regno e per curare gli ammalati. Queste dieci donne selezionate ed incaricate da Gesù erano: Susanna, la figlia del vecchio cazan della sinagoga di Nazaret; Giovanna, la moglie di Cuza, l’intendente di Erode Antipa; Elisabetta, la figlia di un ricco Ebreo di Tiberiade e di Sefforis; Marta, la sorella maggiore di Andrea e di Pietro; Rachele, la cognata di Giuda, fratello carnale del Maestro; Nasanta, la figlia di Elman, il medico siriano; Milca, una cugina dell’apostolo Tommaso; Rut, la figlia maggiore di Matteo Levi; Celta, la figlia di un centurione romano; ed Agaman, una vedova di Damasco. Successivamente Gesù aggiunse altre due donne a questo gruppo — Maria Maddalena e Rebecca, la figlia di Giuseppe d’Arimatea.

150:1.2 (1679.1) Gesù autorizzò queste donne a costituire la loro organizzazione ed incaricò Giuda di fornire dei fondi per il loro equipaggiamento e per degli animali da soma. Le dieci elessero Susanna a loro capo e Giovanna come tesoriere. A partire da questo momento esse provvidero ai propri fondi; non fecero mai più ricorso a Giuda per il loro mantenimento.

150:1.3 (1679.2) Fu assolutamente sbalorditivo in quel tempo, in cui non era permesso alle donne nemmeno di stare al piano terreno della sinagoga (erano confinate nella galleria delle donne), vederle riconosciute come insegnanti autorizzate del nuovo vangelo del regno. L’incarico che Gesù diede a queste dieci donne selezionandole per l’insegnamento ed il ministero del vangelo fu la proclamazione dell’emancipazione che liberava tutte le donne e per sempre; l’uomo non doveva più considerare la donna come spiritualmente inferiore a lui. Questo fu un deciso shock anche per i dodici apostoli. Nonostante essi avessero udito molte volte il Maestro dire che “nel regno dei cieli non c’è né ricco né povero, né libero né schiavo, né maschio né femmina, ma tutti sono ugualmente i figli e le figlie di Dio”, essi furono letteralmente sconcertati quando egli propose ufficialmente d’incaricare queste dieci donne come insegnanti religiose ed anche di permettere che viaggiassero con loro. L’intero paese fu scosso da questo modo d’agire, ed i nemici di Gesù fecero grande tesoro di questa mossa, ma dovunque le donne credenti nella buona novella sostennero risolutamente le loro sorelle scelte ed approvarono senza esitazione questo tardivo riconoscimento della posizione delle donne nell’attività religiosa. E questa liberazione delle donne, che accordava loro il dovuto riconoscimento, fu messa in pratica dagli apostoli immediatamente dopo la partenza del Maestro, anche se si tornò alle vecchie usanze nelle generazioni successive. Per tutto il periodo iniziale della Chiesa cristiana le donne insegnanti e ministre furono chiamate diaconesse, e fu accordato loro un riconoscimento generale. Ma Paolo, nonostante il fatto che concesse tutto ciò in teoria, non lo incorporò mai realmente nel suo comportamento e trovò personalmente difficile metterlo in pratica.

2. La fermata a Magdala

150:2.1 (1679.3) Quando il gruppo apostolico partì da Betsaida, le donne viaggiarono in retroguardia. Durante le conferenze esse sedevano sempre in gruppo davanti e a destra dell’oratore. Il numero delle donne divenute credenti nel vangelo del regno cresceva sempre di più, ed era stato fonte di molte difficoltà e d’infinito imbarazzo quando esse avevano desiderato avere un incontro personale con Gesù o con uno degli apostoli. Ora tutto ciò era cambiato. Quando una delle donne credenti desiderava vedere il Maestro o conferire con gli apostoli, andava da Susanna, ed accompagnata da una delle dodici donne evangeliste, potevano andare subito dal Maestro o da uno dei suoi apostoli.

150:2.2 (1680.1) Fu a Magdala che le donne dimostrarono per la prima volta la loro utilità e giustificarono la saggezza della loro scelta. Andrea aveva imposto delle regole piuttosto rigide ai suoi associati per il lavoro personale con le donne, specialmente con quelle di dubbia reputazione. Quando il gruppo arrivò a Magdala, queste dieci donne evangeliste furono libere di entrare nei luoghi di malaffare e di predicare la buona novella direttamente a tutte le loro ospiti. E quando visitarono gli ammalati, queste donne furono in grado di entrare in stretto contatto nel proprio ministero con le loro sorelle afflitte. A seguito del ministero di queste dieci donne (successivamente conosciute come le dodici donne) in questa città, Maria Maddalena fu conquistata al regno. Per una serie di disgrazie ed in conseguenza dell’atteggiamento della buona società verso le donne che commettono simili errori di giudizio, questa donna era finita in uno dei luoghi di malaffare di Magdala. Furono Marta e Rachele che spiegarono a Maria che le porte del regno erano aperte anche a persone come lei. Maria credette alla buona novella e fu battezzata da Pietro il giorno successivo.

150:2.3 (1680.2) Maria Maddalena divenne l’insegnante più efficace del vangelo in questo gruppo di dodici donne evangeliste. Essa fu scelta per questo servizio, assieme a Rebecca, a Jotapata circa quattro settimane dopo la sua conversione. Maria e Rebecca, con le altre di questo gruppo, continuarono per tutto il resto della vita terrena di Gesù a lavorare fedelmente ed efficacemente per illuminare ed elevare le loro sorelle oppresse. E quando l’ultimo e tragico episodio nel dramma della vita di Gesù si compì, nonostante che tutti gli apostoli fossero fuggiti, eccetto uno, queste donne erano tutte presenti, e nessuna lo rinnegò o lo tradì.

3. Un sabato a Tiberiade

150:3.1 (1680.3) I servizi del sabato del gruppo apostolico erano stati affidati alle donne da Andrea, su ordine di Gesù. Ciò significava, ovviamente, che non potevano essere celebrati nella nuova sinagoga. Le donne scelsero Giovanna come responsabile di questa occasione, e la riunione ebbe luogo nella sala dei banchetti del nuovo palazzo di Erode, essendo egli andato nella residenza di Giuliade in Perea. Giovanna lesse dalle Scritture dei passi sull’opera delle donne nella vita religiosa d’Israele, citando Miriam, Debora, Ester ed altre.

150:3.2 (1680.4) A tarda sera Gesù fece al gruppo riunito un discorso memorabile su “La magia e la superstizione”. In quel tempo l’apparizione di una stella luminosa e supposta nuova era considerata come un segno indicante che un grande uomo era nato sulla terra. Essendo stata osservata recentemente una tale stella, Andrea chiese a Gesù se queste credenze fossero fondate. Nella lunga risposta alla domanda di Andrea, il Maestro fece un’analisi approfondita dell’intero soggetto della superstizione umana. L’esposizione che Gesù fece in questa occasione si può riassumere in linguaggio moderno come segue:

150:3.3 (1680.5) 1. I percorsi delle stelle nei cieli non hanno nulla a che fare con gli avvenimenti della vita umana sulla terra. L’astronomia è un’attività appropriata della scienza, ma l’astrologia è una massa di errori superstiziosi che non trova posto nel vangelo del regno.

150:3.4 (1680.6) 2. L’esame degli organi interni di un animale recentemente ucciso non può rivelare alcunché sul tempo, sugli avvenimenti futuri, né sulla riuscita degli affari umani.

150:3.5 (1680.7) 3. Gli spiriti dei morti non ritornano a comunicare con le loro famiglie o con i loro vecchi amici tra i viventi.

150:3.6 (1681.1) 4. Gli amuleti e le reliquie non hanno alcun potere di guarire le malattie, di evitare le calamità o d’influenzare gli spiriti cattivi; la credenza in questi mezzi materiali per influenzare il mondo spirituale non è che una volgare superstizione.

150:3.7 (1681.2) 5. Il trarre a sorte, sebbene possa essere un modo conveniente per regolare molte divergenze minori, non è un metodo destinato e rivelare la volontà divina. Tali risultati sono una pura questione di azzardo materiale. Il solo modo di comunicare con il mondo spirituale è insito nella dotazione spirituale dell’umanità, lo spirito interiore del Padre, unitamente allo spirito effuso del Figlio e all’influenza onnipresente dello Spirito Infinito.

150:3.8 (1681.3) 6. La divinazione, la stregoneria ed il sortilegio sono superstizioni di menti ignoranti e sono anche gli inganni della magia. La credenza in numeri magici, in presagi di buona fortuna ed in annunciatori di sfortuna è una pura superstizione priva di fondamento.

150:3.9 (1681.4) 7. L’interpretazione dei sogni è in gran parte un sistema superstizioso ed infondato di speculazione ignorante e fantastica. Il vangelo del regno non deve avere nulla in comune con i sacerdoti indovini della religione primitiva.

150:3.10 (1681.5) 8. Gli spiriti del bene e del male non possono abitare in simboli materiali di creta, di legno o di metallo; gli idoli non sono niente più che la materia di cui sono fatti.

150:3.11 (1681.6) 9. Le pratiche degli incantatori, degli indovini, dei maghi e degli stregoni furono derivate dalle superstizioni degli Egiziani, degli Assiri, dei Babilonesi e degli antichi Cananei. Gli amuleti ed ogni sorta d’incantesimi sono inutili sia per acquisire la protezione degli spiriti buoni che per tenere lontani i supposti spiriti cattivi.

150:3.12 (1681.7) 10. Gesù denunciò e condannò la loro credenza nei sortilegi, nelle ordalie, negli incantesimi, nelle maledizioni, nei segni, nelle mandragole, nelle corde annodate ed in ogni altra forma di superstizione ignorante ed asservente.

4. L’invio degli apostoli a due a due

150:4.1 (1681.8) La sera successiva, dopo aver riunito i dodici apostoli, gli apostoli di Giovanni ed il gruppo di donne recentemente incaricate, Gesù disse: “Vedete da voi stessi che la messe è abbondante, ma gli operai sono pochi. Preghiamo tutti, dunque, il Signore della messe d’inviare ancora più operai nei suoi campi. Mentre io resterò qui ad incoraggiare e ad istruire gli insegnanti più giovani, vorrei mandare quelli più anziani a due a due a passare rapidamente per tutta la Galilea predicando il vangelo del regno finché ciò è ancora comodo e tranquillo.” Poi egli designò le coppie di apostoli come desiderava che uscissero, ed erano: Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni Zebedeo, Filippo e Natanaele, Tommaso e Matteo, Giacomo e Giuda Alfeo, Simone Zelota e Giuda Iscariota.

150:4.2 (1681.9) Gesù fissò la data in cui incontrare i dodici a Nazaret, e al momento della partenza disse: “In questa missione non andate in alcuna città dei Gentili, né entrate in Samaria, ma andate invece dalle pecore sperdute della casa d’Israele. Predicate il vangelo del regno e proclamate la verità salvifica che l’uomo è un figlio di Dio. Ricordatevi che il discepolo non è superiore al maestro, né un servo è più grande del suo padrone. È sufficiente per il discepolo eguagliare il suo maestro e per il servo divenire simile al suo padrone. Se alcuni hanno osato qualificare il padrone della casa un associato di Belzebù, quanto più considereranno tali quelli della sua casa! Ma voi non dovreste temere questi nemici non credenti. Io vi dichiaro che non c’è niente di segreto che non sarà rivelato; non c’è niente di nascosto che non sarà conosciuto. Quello che ho insegnato a voi in privato, predicatelo con saggezza in pubblico. Ciò che ho rivelato a voi all’interno della casa, proclamatelo a tempo debito dai tetti. Ed io vi dico, miei amici e discepoli, non temete coloro che possono uccidere il corpo, ma che non possono distruggere l’anima; ponete piuttosto la vostra fiducia in Colui che è capace di sostenere il corpo e di salvare l’anima.

150:4.3 (1682.1) “Non si vendono due passeri per un denaro? E tuttavia io dichiaro che nessuno di loro è dimenticato da Dio. Non sapete che i capelli stessi della vostra testa sono tutti contati? Non temete, dunque; voi valete di più di un gran numero di passeri. Non abbiate vergogna del mio insegnamento; andate a proclamare pace e buona volontà, ma non illudetevi — la pace non accompagnerà sempre la vostra predicazione. Io sono venuto a portare la pace sulla terra, ma quando gli uomini rifiutano il mio dono, seguiranno discordia e disordine. Quando tutti i membri di una famiglia ricevono il vangelo del regno, la pace abita veramente in quella casa; ma se alcuni membri della famiglia entrano nel regno ed altri respingono il vangelo, tale divisione può produrre soltanto dispiacere e tristezza. Lavorate con impegno a salvare l’intera famiglia per timore che i nemici di un uomo diventino quelli della sua stessa casa. Ma quando voi avete fatto il massimo per tutti i membri di ogni famiglia, io vi dichiaro che chiunque ama suo padre o sua madre più di questo vangelo non è degno del regno.”

150:4.4 (1682.2) Dopo che i dodici ebbero ascoltato queste parole si prepararono a partire. Ed essi non si rividero più fino al giorno in cui si riunirono a Nazaret per incontrarsi con Gesù e con gli altri discepoli come aveva disposto il Maestro.

5. Che cosa devo fare per essere salvato?

150:5.1 (1682.3) Una sera a Sunem, dopo che gli apostoli di Giovanni furono tornati ad Hebron, e dopo che gli apostoli di Gesù furono fatti uscire a due a due, mentre il Maestro era impegnato ad istruire un gruppo di dodici giovani evangelisti che lavoravano sotto la direzione di Giacobbe, insieme con le dodici donne, Rachele pose a Gesù questa domanda: “Maestro, che cosa dobbiamo rispondere quando una donna ci chiede: che cosa devo fare per essere salvata?” Quando Gesù udì questa domanda, rispose:

150:5.2 (1682.4) Quando degli uomini e delle donne chiedono che cosa bisogna fare per essere salvati, voi rispondete: credete a questo vangelo del regno; accettate il perdono divino. Riconoscete per fede lo spirito interiore di Dio, la cui accettazione vi rende un figlio di Dio. Non avete letto nelle Scritture dove si dice: ‘Nel Signore ho giustizia e forza.’ Ed anche dove il Padre dice: ‘La mia giustizia è vicina; la mia salvezza è manifestata e le mie braccia circonderanno il mio popolo.’ ‘La mia anima sarà felice nell’amore del mio Dio, perché egli mi ha vestito con gli abiti della salvezza e mi ha coperto con la veste della sua rettitudine.’ Non avete anche letto del Padre che il suo nome sarà ‘il Signore della nostra rettitudine’. ‘Levate i sudici stracci dell’ipocrisia e vestite mio figlio con l’abito della rettitudine divina e della salvezza eterna.’ È eternamente vero che ‘il giusto vivrà grazie alla sua fede’. L’entrata nel regno del Padre è completamente libera, ma il progresso — la crescita nella grazia — è essenziale per restarvi.

150:5.3 (1682.5) “La salvezza è il dono del Padre ed è rivelata dai suoi Figli. La sua accettazione per fede da parte vostra vi rende partecipi della natura divina, un figlio o una figlia di Dio. Per mezzo della fede voi siete giustificati; per mezzo della fede siete salvati; e per mezzo di questa stessa fede avanzate eternamente nella via della perfezione progressiva e divina. Per mezzo della fede Abramo fu giustificato e reso consapevole della salvezza dagli insegnamenti di Melchizedek. Lungo tutte le ere questa stessa fede ha salvato i figli degli uomini, ma ora un Figlio è venuto dal Padre per rendere la salvezza più reale ed accettabile.”

150:5.4 (1683.1) Quando Gesù terminò di parlare ci fu grande gioia tra coloro che avevano ascoltato queste parole piene di grazia, e nei giorni seguenti andarono tutti a proclamare il vangelo del regno con nuova potenza e con rinnovata energia ed entusiasmo. E le donne si rallegrarono ancora di più sapendo che erano incluse in questi piani per l’instaurazione del regno sulla terra.

150:5.5 (1683.2) Riepilogando l’ultima parte della sua esposizione, Gesù disse: “Non si può comperare la salvezza; non si può procurare la rettitudine. La salvezza è il dono di Dio e la rettitudine è il frutto naturale della vita nata dallo spirito di filiazione nel regno. Voi non sarete salvati per avere vissuto una vita retta; avviene piuttosto che viviate una vita retta perché siete già stati salvati, perché avete riconosciuto la filiazione come il dono di Dio ed il servizio nel regno come la delizia suprema della vita sulla terra. Quando gli uomini credono in questo vangelo, che è una rivelazione della bontà di Dio, saranno portati a pentirsi volontariamente di tutti i peccati conosciuti. La realizzazione della filiazione è incompatibile con il desiderio di peccare. Coloro che credono nel regno hanno fame di rettitudine e sete di perfezione divina.”

6. Le lezioni della sera

150:6.1 (1683.3) Nel corso delle discussioni della sera Gesù parlò di molti soggetti. Durante il resto di questo giro — prima che si riunissero tutti a Nazaret — egli trattò “L’amore di Dio”, “Sogni e visioni”, “La malevolenza”, “Umiltà e mansuetudine”, “Coraggio e fedeltà”, “Musica e adorazione”, “Servizio e obbedienza”, “Orgoglio e presunzione”, “Il perdono in relazione al pentimento”, “Pace e perfezione”, “Maldicenza e invidia”, “Male, peccato e tentazione”, “Dubbi e incredulità”, “Saggezza e adorazione”. Con gli apostoli più anziani assenti, questi gruppi più recenti di uomini e di donne partecipavano più liberamente a queste discussioni con il Maestro.

150:6.2 (1683.4) Dopo aver passato due o tre giorni con un gruppo di dodici evangelisti, Gesù andava a raggiungere un altro gruppo, essendo informato sui luoghi e sugli spostamenti di tutti questi lavoratori dai messaggeri di Davide. Essendo questo il loro primo giro, le donne rimasero molto tempo con Gesù. Grazie al servizio dei messaggeri ognuno di questi gruppi era tenuto pienamente informato sui progressi del giro, ed il ricevimento di notizie dagli altri gruppi era sempre fonte d’incoraggiamento per questi lavoratori sparsi e separati.

150:6.3 (1683.5) Prima della loro separazione era stato convenuto che i dodici apostoli, assieme agli evangelisti e al gruppo delle donne, si sarebbero riuniti a Nazaret per incontrare il Maestro venerdì 4 marzo. Di conseguenza, in questo periodo, da tutte le parti della Galilea centrale e meridionale questi vari gruppi di apostoli e di evangelisti cominciarono a dirigersi verso Nazaret. A metà pomeriggio Andrea e Pietro, gli ultimi ad arrivare, avevano raggiunto l’accampamento preparato dai primi arrivati e situato sulle alture a nord della città. E questa era la prima volta che Gesù visitava Nazaret dall’inizio del suo ministero pubblico.

7. Il soggiorno a Nazaret

150:7.1 (1683.6) Questo venerdì pomeriggio Gesù passeggiò per Nazaret del tutto inosservato ed assolutamente non riconosciuto. Egli passò davanti alla casa della sua infanzia ed al laboratorio di carpentiere, e trascorse mezz’ora sulla collina che aveva tanto frequentato quand’era ragazzo. Dal giorno del suo battesimo da parte di Giovanni nel Giordano, il Figlio dell’Uomo non aveva sentito un tale flusso d’emozione umana scuotere la sua anima. Mentre scendeva dalla collina egli udì il suono familiare dello squillo di tromba che annunciava il tramonto del sole, proprio come l’aveva ascoltato moltissime volte quand’era giovane a Nazaret. Prima di tornare all’accampamento egli passò per la sinagoga dov’era andato a scuola e lasciò andare la sua mente a molte reminiscenze dei giorni della sua fanciullezza. Il mattino presto Gesù aveva mandato Tommaso ad accordarsi con il capo della sinagoga per la sua predicazione nel servizio mattutino del sabato.

150:7.2 (1684.1) La popolazione di Nazaret non era mai stata stimata per pietà e rettitudine di vita. Con il passare degli anni questo villaggio venne sempre più contaminato dal basso livello morale della vicina Sefforis. Durante tutta la giovinezza e la prima età virile di Gesù c’era stata una divisione di opinioni a Nazaret nei suoi confronti. Vi fu molto risentimento quando egli si trasferì a Cafarnao. Anche se gli abitanti di Nazaret avevano sentito molto parlare delle attività del loro vecchio carpentiere, erano offesi perché egli non aveva mai incluso il suo villaggio natale in nessuno dei suoi primi giri di predicazione. In verità essi avevano sentito parlare della fama di Gesù, ma la maggior parte dei cittadini era adirata perché egli non aveva compiuto alcuna delle sue grandi opere nella città della sua giovinezza. Per mesi la gente di Nazaret aveva discusso molto di Gesù, ma le loro opinioni erano nel complesso sfavorevoli a lui.

150:7.3 (1684.2) Il Maestro si trovò dunque nel mezzo non di un gradito ritorno a casa, ma di un’atmosfera decisamente ostile ed ipercritica. Ma non era tutto. I suoi nemici, sapendo che avrebbe trascorso questo giorno di sabato a Nazaret e supponendo che avrebbe parlato nella sinagoga, avevano ingaggiato numerosi uomini violenti e rozzi per molestarlo e per creare disordini in ogni modo possibile.

150:7.4 (1684.3) La maggior parte dei vecchi amici di Gesù, compreso l’affezionato insegnante cazan della sua giovinezza, erano morti o avevano lasciato Nazaret, e la generazione più giovane era incline a risentirsi della sua fama con intensa gelosia. Essi non si ricordavano della sua antica devozione alla famiglia di suo padre, ed erano aspri nel criticare la sua dimenticanza di visitare suo fratello e le sue sorelle sposate che vivevano a Nazaret. L’atteggiamento della famiglia di Gesù verso di lui aveva pure contribuito ad accrescere questo sentimento malevolo della cittadinanza. Gli Ebrei ortodossi osarono anche criticare Gesù perché camminava troppo in fretta sulla via andando alla sinagoga questo sabato mattina.

8. Il servizio del sabato

150:8.1 (1684.4) Questo sabato era una magnifica giornata, e tutta Nazaret, amici e nemici, uscì di casa per ascoltare questo vecchio membro della loro città parlare nella sinagoga. Molti del seguito apostolico dovettero restare fuori della sinagoga; non c’era posto per tutti quelli che erano venuti ad ascoltarlo. Da giovane Gesù aveva parlato spesso in questo luogo di culto, e questa mattina, quando il capo della sinagoga gli porse il rotolo degli scritti sacri da cui leggere la lezione delle Scritture, nessuno dei presenti parve ricordarsi che questo era lo stesso manoscritto che egli aveva offerto a questa sinagoga.

150:8.2 (1684.5) In questo tempo i servizi erano condotti esattamente come quando Gesù vi aveva assistito da ragazzo. Egli salì sulla pedana degli oratori con il capo della sinagoga, ed il servizio cominciò con la recita di due preghiere: “Benedetto è il Signore, Re del mondo, che forma la luce e crea le tenebre, che costruisce la pace e crea ogni cosa; che, nella sua misericordia, dona la luce alla terra e a coloro che vi abitano e che, nella sua bontà, giorno dopo giorno ed ogni giorno, rinnova l’opera della creazione. Benedetto è il Signore nostro Dio per la gloria dell’opera delle sue mani e per le stelle lucenti che ha creato per la sua lode. Selah. Benedetto è il Signore nostro Dio che ha creato le luci.”

150:8.3 (1685.1) Dopo una breve pausa essi pregarono ancora: “Con grande amore il Signore nostro Dio ci ha amati, e con debordante compassione ha avuto pietà di noi, lui nostro Padre e nostro Re, per riguardo dei nostri padri che hanno avuto fiducia in lui. Tu hai insegnato loro le regole di vita; abbi pietà di noi ed istruiscici. Illumina i nostri occhi sulla legge; fa che i nostri cuori aderiscano ai tuoi comandamenti; unisci i nostri cuori per amare e temere il tuo nome, e noi non saremo coperti di vergogna per tutti i secoli dei secoli. Perché tu sei un Dio che prepara la salvezza, e ci hai scelti tra tutte le nazioni e le lingue, ed in verità ci hai accostati al tuo grande nome — selah — affinché possiamo lodare con amore la tua unità. Benedetto sia il Signore, che nel suo amore ha scelto come suo popolo Israele.”

150:8.4 (1685.2) L’assemblea recitò poi lo Shema, il credo di fede degli Ebrei. Questo rituale consisteva nel ripetere numerosi passaggi della legge e dimostrava che i fedeli prendevano su di loro il giogo del regno dei cieli ed anche il giogo dei comandamenti da seguire di giorno e di notte.

150:8.5 (1685.3) Seguì poi la terza preghiera: “È vero che tu sei Yahweh, nostro Dio e il Dio dei nostri padri; nostro Re ed il Re dei nostri padri; nostro Salvatore ed il Salvatore dei nostri padri; nostro Creatore e la roccia della nostra salvezza; nostro aiuto ed il nostro liberatore. Il tuo nome esiste dall’eternità e non c’è Dio all’infuori di te. Coloro che furono liberati cantarono un nuovo cantico al tuo nome in riva al mare; ti lodarono tutti insieme e ti riconobbero come Re e dissero: Yahweh regnerà per tutti i secoli dei secoli. Benedetto è il Signore che salva Israele.”

150:8.6 (1685.4) Il capo della sinagoga prese allora il suo posto davanti all’arca, o scrigno, contenente gli scritti sacri e cominciò la recitazione delle diciannove preghiere di elogio o benedizioni. Ma in questa occasione si preferì accorciare il servizio affinché l’ospite d’onore potesse avere più tempo per il suo discorso; di conseguenza, furono recitate solo la prima e l’ultima delle benedizioni. La prima era: “Benedetto è il Signore nostro Dio ed il Dio dei nostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe; il grande, il potente e il terribile Dio, che mostra misericordia e bontà, che crea tutte le cose, che si ricorda delle benevole promesse fatte ai nostri padri e che invia con amore un salvatore ai figli dei loro figli per riguardo al suo stesso nome. O Re, aiuto, salvatore e scudo! Che tu sia benedetto, o Yahweh, lo scudo di Abramo.”

150:8.7 (1685.5) Poi seguì l’ultima benedizione: “Effondi sul tuo popolo Israele una grande pace per sempre, perché tu sei il Re ed il Signore di ogni pace. È bene ai tuoi occhi benedire Israele in ogni tempo e ad ogni ora con la pace. Che tu sia benedetto, Yahweh, che benedici il tuo popolo Israele con la pace.” L’assemblea non guardava il capo mentre recitava le benedizioni. Dopo le benedizioni egli fece una preghiera non ufficiale appropriata alla circostanza, e quando questa terminò, tutta l’assemblea si unì nel dire amen.

150:8.8 (1685.6) Poi il cazan andò verso l’arca e ne tolse un rotolo che diede a Gesù perché leggesse la lettura delle Scritture. Era abitudine chiamare sette persone a leggere ciascuna non meno di tre versetti dalla legge, ma in questa occasione tale pratica fu tralasciata affinché il visitatore leggesse la lettura di propria scelta. Gesù, preso il rotolo, si alzò e cominciò a leggere dal Deuteronomio: “Perché questo comandamento che ti do oggi non ti è ignoto, né è lontano. Non è in cielo, perché tu diresti: chi salirà per noi in cielo e ce lo riporterà affinché possiamo ascoltarlo e metterlo in pratica? Né è al di là del mare, perché tu diresti: chi attraverserà il mare per portarci il comandamento affinché possiamo ascoltarlo e metterlo in pratica? No, la parola di vita è molto vicina a te, anche alla tua presenza e nel tuo cuore, perché tu possa conoscerla e obbedirgli.”

150:8.9 (1686.1) E quando ebbe finito di leggere dalla Legge, egli cominciò a leggere da Isaia: “Lo spirito del Signore è su di me, perché egli mi ha unto per predicare la buona novella ai poveri. Egli mi ha mandato a proclamare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, a mettere in libertà coloro che sono oppressi e a proclamare l’anno del favore del Signore.”

150:8.10 (1686.2) Gesù chiuse il libro e, dopo averlo restituito al capo della sinagoga, si sedette ed iniziò a parlare al popolo. Egli cominciò dicendo: “Oggi queste Scritture sono compiute.” Poi Gesù parlò per circa quindici minuti su “I Figli e le Figlie di Dio”. Il suo discorso piacque a molte persone, che si meravigliarono della sua grazia e della sua saggezza.

150:8.11 (1686.3) Era costume nella sinagoga, dopo la conclusione del servizio ufficiale, che l’oratore si fermasse in modo che le persone interessate potessero porgli delle domande. Di conseguenza, questo sabato mattina Gesù scese tra la folla che si spingeva avanti per interrogarlo. In questo gruppo si trovavano molti individui turbolenti che cercavano di seminare zizzania, mentre ai margini di questa folla circolavano uomini di bassa lega che erano stati ingaggiati per creare delle difficoltà a Gesù. Molti dei discepoli ed evangelisti che erano rimasti fuori entrarono ora nella sinagoga e non tardarono ad accorgersi che stavano per scoppiare dei disordini. Essi cercarono di condurre via il Maestro, ma egli non volle andare con loro.

9. Il ripudio di Nazaret

150:9.1 (1686.4) Gesù si trovò circondato nella sinagoga da una grande folla di suoi nemici e da un piccolo numero di suoi discepoli, ed in risposta alle loro domande sgarbate e alle loro cattive canzonature rimarcò un po’ spiritosamente: “Sì, io sono il figlio di Giuseppe; sono il carpentiere, e non sono sorpreso che mi ricordiate il proverbio: ‘Medico guarisci te stesso’ e che mi sfidiate a fare a Nazaret quello che avete sentito dire che ho fatto a Cafarnao; ma io vi prendo a testimoni che anche le Scritture dichiarano che ‘un profeta non è senza onore, salvo che nella sua patria e tra la sua gente.’”

150:9.2 (1686.5) Ma essi lo presero a spintoni, puntando un dito accusatore verso di lui, e dissero: “Tu credi di essere migliore della gente di Nazaret; ti sei allontanato da noi, ma tuo fratello è un operaio comune e le tue sorelle vivono ancora tra di noi. Conosciamo tua madre, Maria. Dove sono essi oggi? Sentiamo grandi cose su di te, ma notiamo che al tuo ritorno non compi dei prodigi.” Gesù rispose loro: “Io amo la gente che abita nella città in cui sono cresciuto, e mi rallegrerei di vedervi entrare tutti nel regno dei cieli, ma non sta a me determinare il compimento delle opere di Dio. Le trasformazioni della grazia sono compiute in risposta alla fede vivente di coloro che ne sono i beneficiari.”

150:9.3 (1686.6) Gesù avrebbe benevolmente tenuto a freno la folla e disarmato efficacemente anche i suoi violenti nemici se non fosse stato per un errore tattico di uno dei suoi apostoli, Simone Zelota, il quale, con l’aiuto di Naor, uno dei giovani evangelisti, aveva riunito nel frattempo un gruppo di amici di Gesù tra la folla, e assumendo un atteggiamento bellicoso intimò ai nemici del Maestro di andarsene. Gesù aveva insegnato a lungo agli apostoli che una risposta gentile distoglie la collera, ma i suoi discepoli non erano abituati a vedere il loro amato istruttore, che essi chiamavano così volentieri Maestro, trattato con tanta scortesia e disprezzo. Questo era troppo per loro, e ritennero di esprimere il loro appassionato e veemente risentimento, la qual cosa non fece che suscitare lo spirito di sommossa in questa assemblea provocante e villana. Così, sotto la guida di mercenari, questi ruffiani afferrarono Gesù e lo trascinarono fuori della sinagoga verso il bordo di un precipizio su una collina vicina, con l’intenzione di spingerlo nel vuoto e provocarne la morte sulle rocce sottostanti. Ma proprio nel momento in cui stavano per spingerlo fuori dal ciglio, Gesù si girò improvvisamente verso i suoi catturatori e ponendosi di fronte a loro incrociò tranquillamente le braccia. Egli non disse nulla, ma i suoi amici rimasero più che sbalorditi quando, come egli si mosse per venire avanti, la folla si scostò e lo lasciò passare senza molestarlo.

150:9.4 (1687.1) Gesù, seguito dai suoi discepoli, si recò al loro accampamento, dove l’intero episodio fu raccontato. E quella sera stessa essi si prepararono a ritornare a Cafarnao l’indomani mattina presto, come Gesù aveva ordinato. Questa fine turbolenta del terzo giro di predicazione pubblica ebbe un effetto rinsavente su tutti i discepoli di Gesù. Essi cominciarono a comprendere il significato di certi insegnamenti del Maestro; si ridestarono al fatto che il regno sarebbe venuto soltanto attraverso molti dispiaceri ed amare delusioni.

150:9.5 (1687.2) Essi lasciarono Nazaret questa domenica mattina, e viaggiando per vie differenti, si ritrovarono infine a Betsaida a mezzogiorno di giovedì 10 marzo. Essi si riunirono come un gruppo sereno e serio di predicatori disillusi del vangelo della verità e non come una banda entusiasta e pronta a conquistare tutto di crociati trionfanti.

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